07/01/17

il Rosso

"Perché sei sempre incazzato?"
Il Rosso è un tipo alto e nervoso, con i capelli rasati e la barba rigogliosa. Non è uno con cui è facile fare amicizia. Ride spesso, ma la sua risata ha un che di forzato, o vagamente aggressivo.
"Non sarebbe meglio essere felici?"
"No."
"Perché no?"
"Non sarebbe giusto"
Il Rosso ci tiene alla giustizia. Ci tiene alla libertà. È anarchico dalla pelle al midollo, dalla cima dei capelli alla punta di piedi. Non è un hippie pacioso, è un anarchico arrabbiato. Ovunque, nella realtà plasticosa e perversa, vede l'ombra del capitale. Ha le ulcere nello stomaco e di certo nel sonno digrigna i denti.
"Perché?"
"Perché la felicità è un privilegio, non un diritto. È un trucco. È la catena. L'unico modo per ottenerla è non guardare più lontano del proprio naso. Contentarsi. Sottomettersi."
Preferirebbe marcire, il Rosso, piuttosto che sottomettersi. Preferirebbe crepare, soffocare, essere divorato piuttosto che cedere. Un uomo d'acciaio e rancore. Fragile. Molto fragile.

Ma la rabbia, la frustrazione, sono bestie potenti. Attenzione a risvegliarle! L'una emerge con gli occhi iniettati di sangue, e fa tremare le ossa con il suo ruggito. Evoca nel mondo un campo di battaglia, reclama sangue. L'altra è subdola, paralizzante. Piega con il suo peso le spalle, irrigidisce i tendini, trasforma la realtà in una gelida prigione, un inferno di ineluttabili sconfitte.
Non è un esaltato, il Rosso. È lucido, anzi, e molto. Non permette a se stesso di ignorare per un attimo la crudeltà degli uomini, le loro colpe.
Non importa se pensi di averla fatta franca. Se non ti interessa, se pensi solo a goderti la vita. Se era il tuo mestiere, se ricevevi ordini, se eri costretto... Al Rosso non interessa.
Nel mondo che dimentica in fretta, nessuno gli leva di dosso il tremendo peso della memoria implacabile. Lui aspetta, soffre e aspetta. Lascia che la rabbia si nutra, lascia il rancore depositarsi strato su strato.
Nel mondo veloce, nel mondo connesso, il Rosso è arcaico come la vendetta, antico come l'oppressione.
Forse un tempo il Rosso pensava alla libertà. Forse voleva essere felice, libero e indipendente. Libero di amare e di essere amato. Libero di ascoltare il suono delle foglie, di vedere il sole sorgere.
Ma non potrebbe accettare, ora, nessuna felicità che non sia condivisa. Non può dimenticare la fratellanza che lo lega ad ogni oppresso, non può evitare di condividerne e il dolore, è proprio per questo si ritrova solo, incapace di tollerare tutti questi sbarbi allegri e inconsapevoli, con il loro desiderio superficiale, con la loro ignoranza complice.
Il Rosso non perdona. Non insegna. Non sopporta i professori e i preti. Non predica. Non convince. Ha solo se stesso, la sua libertà, il suo cervello per muovere guerra al mondo dal quale si rifiuta di evadere.

Ne ha abbastanza di tradimenti, il Rosso, guarda con sospetto chi si dichiara suo compagno, chi gli offre soluzioni. Sa fin troppo bene che le parole sono facili quanto le azioni sono difficili. Sa di essere solo, in tutto ciò che più conta.

Io voglio bene al biondo.
Lo compatisco, perché non si può essere umani e sopportare un peso titanico senza esserne schiacciati.
Lo ammiro, persino.
La sua figura inquieta mi terrorizza e mi rassicura. Vedo in essa il buco che mi attende, l'irrigidimento solipsistico della militanza, e al tempo stesso la forza incrollabile di un'idea, capace di sopravvivere nel vuoto e nutrirsi di carogne, quando tutto ciò che si vede è finto e morto.
Vorrei abbracciarlo, dirgli che va tutto bene. Che ci siamo qua noi, che non è solo. Che questa rivoluzione prima o poi la facciamo, e allora ogni oppresso sarà libero, e ogni colpa perdonata. Ma in fondo non è neppure questo che importa: potremmo fallire, e sarebbe un fallimento condiviso, una sconfitta comune, il seme di nuovi sforzi. Che la specie umana non smetterà mai di conservare, a dispetto di ogni trucco e di ogni follia criminale, il germe della saggezza e della gioia.

Ma probabilmente mi spaccherebbe il naso, se provassi ad abbracciarlo.
E va bene così


"Hai ragione, Rosso, la felicità è per gli stronzi"

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