11/07/18

"I'll hit it so fast that their eyes water"



Presi negli ingranaggi di una insolita Storia, andavamo avanti un po' a tentoni.
Secondo Luis, la colpa era tutta del solito Governo, e in seconda battuta della Gente che avrebbe votato il Suddetto. La sua disperazione era teterrima e rancorosa. La faccia, accartocciata inorno a quell'unico, profondissimo taglio verticale alla base del naso, dove le sopracciglia si premevano insieme.
Secondo il Secco, non c'era da prendersela tanto: le cose sarebbero cambiate, e in fondo cambiavano sempre. Un po' di merda, si sa, piove, ma non per sempre, mai per sempre. Sarebbe bastato aspettare che ciò che non riuscivamo a controllare si mettesse a posto da se, e nel frattempo sopravvivere, non farsi il sangue amaro, o il fegato grosso.
Il Biondo, forse, era quello che se la passava peggio di tutti. Di noi, era forse il più astuto, e di certo il più resistente, e forse proprio questi erano i difetti peggiori. Come amava ripetere, si era fatto da solo, aveva scavato a furia di denti e unghie uno spazio nel mondo che avesse la forma della sua vita, e ne era fiero. Eppure, eccolo, rinchiuso in un attico ingombro e puzzolente, un altro abusivo fra abusivi, costretto ad ascoltare le inutili e lunghissime litanie di recriminazioni di Luis, a respirare di seconda mano il fumo che si sollevava in dense volute dalle canne di pessima qualità del Secco.
E allora? L'eroismo del biondo non poteva permettergli scorciatoie: nel suo sguardo lugubre si leggeva la forma più onesta e acre di violenza, il circuito chiuso della crudeltà. Il biondo non si sentiva tradito, né sfortunato. Il Biondo si sentiva addosso la puzza del fallimento, e passava i giorni e le ore a ripercorrere i propri passi, a chiedersi dove, come, avesse sbagliato qualcosa, dove tutto fosse andato storto.
Col tempo, la situazione si sarebbe guastata, lo sapevo: se a suo modo il Secco galleggiava, e si perdeva volentieri nella deriva dell'immaginazione, e Luis invece articolava di sempre maggiori dettagli la gabbia della propria paranoia, mai sfogata in azioni particolari, il Biondo mi preoccupava decisamente di più. Lo vedevo girare a vite, infilarsi nel buco del proprio inconscio, e scavare, e scavare, e chissà quando - mi chiedevo - la gravità lo avrebbe acchiappato così fortemente da non permettergli di uscirne mai più.
Un vero peccato, pensai. E poi mi sembrò di essere diventato appena appena più leggero, mentre spegnevo la sigaretta nel posacenere sul davanzare, e gettavo un'ultimo sguardo all'orizzonte urbano, distesa di volumi incongrui ed enormi distese vuote, inabitabili, favo di celle monofamiliari, ognuna carica di testimoni della Meravigliosa Ultima Epoca della specie Umana.
Chissà, forse sarebbe stato meglio per loro, abbandonare ogni speranza, ogni peso. Decidere di abbandonarsi alla natura-buddha, alla realizzazione della Vacuità Completa. Forse. Ma a che scopo? Una forma di ironia ancora più sublime li avrebbe giocati, nel mondo in cui l'apocalisse dell'Umano non aveva bisogno di passare per il fondo cosmico della coscienza, ma piuttosto per l'accelerazione inarrestabile dei rapporti di produzione.
Niente, baby. La bomba atomica, come diceva quel filosofastro schiumante, è l'ultimo Maestro Zen, eppure allo stesso tempo è la fine dello Zen.
E io? Non mi ero sforzato più di tanto, fra reazioni e razionalizzazioni. Di base, forse ero un po' simile al Secco, al suo taoismo immediato. Prima, certo, avevo coltivato ambizioni, prima di capire. Avevo sognato di emergere dalla melma dell'Umanità Comune, di espandere in onde concentriche la mia influenza galvanizzante sul Mondo Circostante, eccetera. E mentre pensavo queste cose, seguendo il filo sgranato dei pensieri lungo le formazioni psichiche sedimentate ed erose nel corso degli Anni Duri, accesi un'altra sigaretta, senza accorgermene quasi, la mano destra che percorre da sola la serie automatica dei movimenti, inavvertiti. La fiamma mi colse quasi di sorpresa. Sollevai gli occhi, mettendo per la prima volta a fuoco la stanza in penombra, malinconicamente riempita di scialbe sagome dalla luce opaca del tardo pomeriggio nell'atmosfera torbida della metropoli.
Ai margini dell'aggettivazione, stava il Biondo, con un coltello.

"Io", disse, "M'ammazzo".


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